venerdì 15 agosto 2008

Amos, analisi, parte seconda


11"Che m`importa dei vostri sacrifici senza numero?"
dice il Signore.

"Sono sazio degli olocausti di montoni

e del grasso di giovenchi;
il sangue di tori e di agnelli e di capri
io non lo gradisco.
12 Quando venite a presentarvi a me,
chi richiede da voi
che veniate a calpestare i miei atri?
13 Smettete di presentare offerte inutili,
l`incenso è un abominio per me;
noviluni, sabati, assemblee sacre,
non posso sopportare delitto e solennità.
14 I vostri noviluni e le vostre feste
io detesto,
sono per me un peso;
sono stanco di sopportarli.
15 Quando stendete le mani,
io allontano gli occhi da voi.
Anche se moltiplicate le preghiere,
io non ascolto.
Le vostre mani grondano sangue.
16 Lavatevi, purificatevi,
togliete il male delle vostre azioni
dalla mia vista.
Cessate di fare il male,
17 imparate a fare il bene,
ricercate la giustizia,
soccorrete l`oppresso,
rendete giustizia all`orfano,
difendete la causa della vedova".
(Is 1,11-16: cfr Mt 5,23-24)

Ancor prima di altri profeti (Isaia in Giuda e Osea in Israele), Amos condanna le ingiustizie sociali e la corruzione dei costumi... Il profeta, però, non è un fustigatore sociale, bensì un inviato per ricondurre a Dio. Nella visione del canestro di frutta "matura", infatti, c'è - implicita - l'offerta a Dio: in questo caso, come abbiamo visto, è un'offerta sacrilega non solo perchè sottratta al povero, ma perchè presentata in luogo delle dovute primizie. C'è, dunque, Dio che condivide la condizione del povero.
Inoltre... Nel quadrato semiotico costruito sul tema della luce, ai contrari luce-tenebre, possono seguire i subcontrari astri-fuocoNella cerimonia notturna che inaugurava la festa delle capanne (Sal 134: nota BG) il tempio risplendeva della luce di centinaia di lampade ad olio e si danzava con in mano delle torce accese (fonte: Bruno Maggioni).
Non sembri una forzatura, ma la luce artificiale, che ai nostri giorni vuol dire petrolio o fusione nucleare (con tutti i guai che ne possono derivare), a quei tempi era ottenuta con il fuoco (con tutti i guai che ne derivavano: si vedano i primi sette oracoli).
La luce artificiale presuppone una vita notturna, aliena al riposo (Es 20,8ss ma anche Sal 127,2: Sal 104,19-23) e dedita al guadagno e al divertimento (6,4-7): è ciò che Amos, tra l'altro, rimprovera a Israele che, posta sulla via del mare, sotto il regno di Geroboamo II, figlio di Ioas, conosce in effetti un tempo di benessere economico.
Gli astri sono il sole, la luna e le stelle; essi non solo regolano il giorno e la notte, ma anche misurano lo scorrere del tempo: -Quando sarà passato il novilunio...? E il sabato...? (8,5)
Quando sarà passato il mese...?
C'è un calendario. C'è dunque un richiamo al rispetto dei ritmi naturali (veglia-sonno, semina-raccolto, lavoro-festa ecc.), c'è, forse, un invito ad abbandonare il commercio (che comporta compromessi internazionali: 3,9: 6,2; Os 12,2) per tornare all'agricoltura (come in Giuda stava facendo Ozia: 2Re 26,10).
Ma c'è molto di più...
C'è un richiamo alla Torah, a camminare nelle vie indicate da Dio, un richiamo all'esodo "quando il Signore marciava alla loro testa" e li guidava di giorno con una colonna di nube, di notte con una colonna di fuoco (Es 13,21-22) che era tenebrosa per gli inseguitori (es 14,20).
Il peccato di Geroboamo I, figlio di Nebat, (nei libri dei Re è come un ritornello) è, innanzitutto, un peccato contro El Berit, il Dio dell'alleanza sinaitica: dividendo la terra della promessa, separando la stirpe, instaurando un culto concorrente e sincretista egli ha reso difficile l'incontro tra Dio e il suo popolo eletto.
Il termine casa è usato da Amos, come già da Natan (2Sam 7,15-16), con significato ambiguo: ricorre 22 volte, di cui 11 nel senso lato di "dimora" e, di queste, 1 sola con il predicato "di Dio" (2,8), cioè bet El (5,6) che in Osea 4,15 è bet aven "casa del nulla" o "casa del peccato"; ancora 11 volte casa è usato col significato di "stirpe" e, di queste, 1 sola con la specificazione "di Geroboamo" (7,9) probabilmente riferito (è una mia supposizione) al primo re d'Israel
e.
Per contro il termine capanna (sempre in modo ambiguo) compare 1 sola volta e, guarda caso, associato a "Davide" che, pure, compare solo in questo versetto (9,11).
Il termine deserto è usato 2 volte, ma sempre per ricordare i quarant'anni del cammino dell'esodo.
Palazzi ricorre 13 volte più 1 al singolare (8,3) con il significato di tempio; città 7 volte più 1 nel finale (9,14).
Se consideriamo il tema casa e a città opponiamo deserto, allora avremo:
Dove capanna assume un significato ancora più ambiguo, perchè richiama la festa delle capanne (lv 23,42-43); richiama alla tenda del convegno, della riunione (es 33,7), alla "roccia che li accompagnava" (1Cor 10,4), alla libertà spaziale del deserto (Sal 29,8) ad un culto spirituale.
Ciò è confermato dal seguente quadro, che riassume le considerazioni sui verbi di moto:
Non si va più a Gerusalemme; non si ritorna più alla casa del Signore (4,6-11); là le tribù del Signore non salgono più insieme (Sal 122).
Non basta: la casa di Davide è stata divisa dalla casa di Geroboamo I.
Allora:Decimazione (5,3; 6,9) è un termine improprio: in realtà è uno sterminio. Ma...
Compare qui per la prima volta la rivelazione inaspettata e decisiva portata dai profeti: la speranza (5,15b), poi la certezza (9,8), che un "resto" sarà salvato (nota TOB).
Ma quanto piccolo deve essere questo resto, se anche la casa piccola deve essere ridotta in frantumi (6,11b)!
Questo piccolo resto altri non è che quello che il Deuteroisaia chiamerà "preda strappata al forte" (Is 49,24-25) come il pastore strappa dalla bocca del leone due zampe o il lobo di un orecchio (3,12).


Continua...

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