martedì 2 settembre 2008

Andar per nuraghi

Nel mese d’agosto, quando il solleone picchia, uno se ne dovrebbe stare al mare, a mollo o sotto l’ombrellone, oppure in montagna, sotto le fresche frasche.
Dovendo proprio lavorare, chi può ha l’aria condizionata.
Io, invece, ho lavorato sul campo, spostandomi con la mia ormai vecchia auto senza condizionatore. Non ci ho guadagnato granchè, a parte la soddisfazione di aver visto luoghi, creature e monumenti bellissimi.
Si trattava, tra l’altro, di prendere foto e coordinate dei nuraghi di una vasta area della Sardegna centrale.

Nessun problema per quelli che si incontrano lungo le strade principali come il nuraghe Sarbana a Silanus…


…Presso la chiesa di Santa Sabina…


Sempre a Silanus, è già più complicato raggiungere il Madrone perché il sentiero, ad un certo punto è chiuso al passaggio. Qui, però, ho incontrato una coppia di poiane che volteggiavano sopra la collina. L’emozione per lo spettacolo di quel volo maestoso è stata tale che non sono riuscito a “catturarle” insieme con l’obiettivo…


A Montresta ho potuto ammirare Sa Turre, i resti di una fortezza punica…



Per arrivarci ho dovuto scansare una mandria di vacche e stare attento a dove mettevo i piedi per non dover poi sopportare, in macchina, qualcosa di peggio del caldo...



A Tinnura non mi sono azzardato ad oltrepassare il cancello che immette nel sito archeologico di Tres Bias per la presenza di un gregge e del suo ringhioso guardiano…



Un piccolo gregge di pecore l’ho incontrato anche al Seneghe, tra Suni e Modolo, ma, per fortuna, non c’era nessun cane. Il nuraghe Seneghe è qualcosa di spettacolare…


…Ho faticato ad individuare sia l’imbocco della strada da percorrere in auto sia quello del sentiero a piedi, ma ne è valsa la pena.

I problemi, in effetti, non sono stati tanto quelli delle strade, seppure secondarie e seppure bianche, quanto della abbondante vegetazione che, da lontano, nasconde le torri alla vista e, da vicino, impedisce un cammino spedito. Nei tratti a piedi, ho dovuto farmi largo tra il fieno alto, i rovi, i cardi, le ferule gigantesche… Come intorno al nuraghe Ponte (di Dualchi, ma raggiungibile da Bortigali)…



Il protonuraghe Uana, sempre di Dualchi, una costruzione stranissima, con tre pareti lineari…



Il nuraghe quadrilobato San Pietro, nell’agro di Torpè, sulla strada per Concas…



La tomba dei giganti di Noazza III a Birori...



Il nuraghe Giannas a Flussio (beato chi lo vede!)…



Un immenso patrimonio poco conosciuto, spesso non segnalato e abbandonato alle forze della natura che tendono a prendere il sopravvento. Tra le forze della natura, c’è anche l’uomo, naturalmente, e, spesso, le aree archeologiche recintate sono utilizzate per tenere animali, così che a Sagama mi è stato impossibile raggiungere il nuraghe Funtanedda per la presenza di un cavallo.


Nonostante questa esperienza negativa con un equino, nella campagna di Lei ho avuto un incontro straordinario: dopo aver scavalcato un muretto per avvicinarmi al nuraghe Pattada…



…Mi son venuti incontro due cavalli…



Quando li ho visti, ero ormai troppo lontano dal muro a secco per tentare di saltarlo. Prima si sono fermati a qualche metro di distanza e anche io mi sono fermato e ho cercato di fotografare il nuraghe. Poi, curiosi, si sono avvicinati lentamente odorandomi e facendomi sentire l’aria calda che usciva dalle loro nari., Anche se alcune volte ho cavalcato questi magnifici animali, non ho nessuna esperienza di come debbano essere trattati. Però ho visto abbastanza film western e così ho osato.
Ho allungato lentamente la mano e, prima l’uno, poi l’altro, li ho accarezzati sul muso e ho cacciato le mosche che tormentavano i loro occhi. Me li sono fatti amici. Quando ho ripreso a camminare mi hanno scortato, uno a destra e uno a sinistra, come guardie del corpo. Si sono fermati ad un altro piccolo sbarramento, superato il quale, io sono arrivato ai piedi del nuraghe e ho potuto fare le mie foto.
Per qualche minuto ho dimenticato i miei bodyguard, ma, tornando indietro li ho visti scorazzare giulivi nel loro prato. Son salito su una roccia, protetto dai rami di un albero frondoso che vi si protendeva sopra, ho aspettato che si fermassero e che mi venissero di nuovo vicino. Altre carezze sul muso e altra camminata con la scorta fino al muretto. Poi – qui veniva il difficile – dovevo arrampicarmi sulle pietre sconnesse mentre quei due mi premevano il muso sulla schiena e, per fortuna, non spingevano, come invece temevo. Giunto dall’altro lato, li ho salutati con un po’ di rimpianto: bravi ragazzi!
In quella stessa campagna ho ancora incontrato una lepre, sbucata da un cespuglio e sparita velocissima tra l’erba alta, e un’upupa che camminava tranquilla sullo sterrato… Tuttavia, pur tenendo la fotocamera a portata di mano, non sono stato abbastanza veloce per riprenderla prima che anch’essa si mimetizzasse nell’erba.

Per tutto queste emozioni devo ringraziare innanzitutto il buon Dio e, subito dopo, le tante persone gentilissime che mi hanno dato le giuste indicazioni, in particolare il signor Fadda di Flussio che si è offerto di farmi da guida. Infine, per ultima, ma tutt'altro che ultima, mia moglie, fedele, coraggiosa e (soprattutto!) paziente compagna in queste avventure “on the road" e "country”.

NB: cliccare sulle immagini per vederle ingrandite






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