lunedì 14 luglio 2008

I - Dio c’è… E io, ci sono?

Dio esiste.


Voglio provare a dirlo con parole non usuali, diverse da quelle di filosofi e teologi, ma, alla fin fine, si tratta pur sempre di un ragionamento che dà per acquisiti alcuni assunti filosofici e teologici.


Dovrebbe (volutamente uso il condizionale) definirsi Dio l’essere unico, perfettissimo, onnipotente, causa ed effetto, principio e fine, il bene supremo, l’amore universale. Volendo (c’è chi lo ammette) Dio è al di sopra del bene e del male per cui ciò che noi chiamiamo male, compresa la sofferenza, compreso il peccato, compreso il demonio, è già tutto in Lui, uno con Lui. Ma queste sono solo chiacchiere: Dio nessuno l’ha mai visto.


Io, però, esisto. Di questo ne ho la certezza. Esisto con i miei pensieri, ma anche con i miei istinti, ho pregi e difetti, sono un animale sociale e, al tempo stesso, un egoista. Ci sono sei miliardi di esseri umani su questo pianeta e chissà quanti altri miliardi di esseri senzienti nell’universo. Ognuno, come me, è imperfetto, limitato, ma esiste.


Già: esiste, ma fino a quando? Come? Perché? Chi siamo noi? Da dove veniamo? Dove andiamo?

Che senso hanno questi nostri ragionamenti, questi interrogativi? Che senso ha cercare il benessere se il male, comunque, ci sta sempre accanto? Che senso ha l’altruismo e, ancor di più, che senso ha l’egoismo, la prevaricazione dell’uomo sull’uomo, la crudeltà, il male?
Se tutto finisce e se ne perde anche il ricordo, se le nostre gioie dipendono esclusivamente dalla nostra volontà singola o dalle nostre volontà associate di che dobbiamo preoccuparci? Perchè ci affanniamo a vivere? Che senso ha salvare una vita o toglierla, se quella vita, comunque, deve finire?


Forse, con il progresso, con l’evoluzione, riusciremo a far sì che ogni madre abbia un parto indolore e che ogni neonato venga alla luce sorridendo; forse elimineremo la fame, le malattie, la guerra ed ogni uomo vivrà fino a due, trecento, mille anni; forse viaggeremo tra le stelle e incontreremo altri popoli nella Galassia e oltre… Ma UNO non sarò mai… Ci sarà sempre qualcosa fuori di me che mi darà la misura della mia finitezza. Anche se fossi solo, l’UNICO, a godermi lo spettacolo dell’universo, che senso avrebbe la mia esistenza se il moto dei corpi celesti non dipendesse dalla mia volontà, ma fosse governato da leggi esistenti fuori di me? E se anche avessi il potere di giocare a bocce con i pianeti: a che pro?


Perché mi affanno a vivere o, più semplicemente, perché vivo?


Se non so rispondere o, perlomeno, se non provo a rispondere a questo interrogativo, vuol dire che non vivo: vivo, cioè, nella noia, ammazzando il tempo in attesa della morte.


Se Dio non c’è, non c’è neanche possibilità di senso per l’uomo, la vita diventa assurda.


Ma se la vita viene da Dio e a Dio ritorna, allora il tempo non è più un limite, la vita ha uno scopo e può essere vissuta in pienezza.




1)- Continua…


1 commento:

greengold ha detto...

anonimo ha scritto sul "guestbook":
il ragionamento fila...
lo sostengo con quanto segue: immaginiamo la persona rappresentata da un cerchio; la sua vita corrisponde al percorso (secondo una spirale) dal centro al contorno (alla circonferenza cioè). Questo delinea il "confine" con quella parte di piano infinito che lo contiene e gli dà senso. Su quella linea la persona si "affaccerà" per cogliere l'essenza di sé e acquistare coscienza completa della spirale percorsa.
Non basta vivere il tempo per "girare" in tondo, l'obiettivo umano è quel confine...
mi sono spiegato?
luglio '42

14 luglio 2008 18.11