Diffido molto di quel proselitismo non richiesto – di quella evangelizzazione, se si preferisca chiamarla così – che si compie nelle corsie di ospedale o alle porte dei cimiteri, tra i morenti e tra i superstiti. Un confine molto stretto lo separa dallo sciacallaggio.
La risposta della Corradi non si è fatta attendere:
«Sciacallaggio», quello dei cristiani che annunciano davanti ai cimiteri la risurrezione? No, perché lo fanno con rispetto del rifiuto altrui, e con assoluta gratuità. [...] Non sta bene farlo nei cimiteri, o negli ospedali? E perché? Perché questi sono i luoghi in cui anche nel più lontano da Dio si affaccia una domanda? Che cosa dovrebbe essere ammesso allora nei luoghi della sofferenza: una perfetta efficienza, un sostegno psicologico, magari un discreto sportello per l’ausilio a morire «con dignità»? Certo, queste opportunità sarebbero "politicamente corrette". La chance di ricevere gratuitamente, e magari liberamente rifiutare, una parola cristiana, invece, quella no; quella è un sopruso. Quasi quella speranza fosse una droga, un oppio narcotizzante offerto approfittando della altrui debolezza. Solo in questo vecchio sguardo, credo, l’annuncio cristiano in un ospedale o in un luogo di dolore può essere inteso come «sciacallaggio».
Sofri, certamente, avrà qualcosa da ribattere, ma è augurabile che, prima di scriverne ancora, si documenti meglio sulla nuova evangelizzazione.
Riporto qui, in ordine cronologico, tutti i collegamenti agli articoli citati (iniziando da quello che Sofri non ha letto):
In missione nel profondissimo Est (Avvenire 20.07.2011)
La lancia antica (Avvenire 11.08.2011)
Piccola posta (Il Foglio 14.08.2011)
Tra vita e macerie una domanda che incalza (Avvenire 19.08.2011)
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